Leggo spesso e anche molto volentieri articoli che riguardano la Pet Therapy.

Io stessa sono operatore di Pet Therapy certificata e lavoro con i miei cani: Joyce e Shakespeare, due Golden Retriever maschi anch’essi certificati.

E’ stato un percorso pensato e attentamente valutato poichè i miei due cani già erano brevettati SICS (Scuola Italiana Cani Salvataggio), quindi Unità Cinofile da Soccorso in Acqua; un lavoro che si discosta molto dalla Pet Therapy per attitudini, addestramento e disciplina. Devo però dire che, nonostante abbiamo dovuto lavorare parecchio e in modo differente, i miei cani si stanno dimostrando buoni cani da Pet Therapy. Joyce soprattutto ha raccolto molti successi fra i bimbi e gli educatori 🙂 perchè è molto riflessivo, attento ed empatico. Shakespeare, data la sua ancora giovane età, è piu’ intraprendente e adora il contatto con i fruitori. Si propone senza ancora troppi fitri e risulta molto simpatico e spesso buffo! Non si lavora in questo caso con l’addestramento vero e proprio ma si fa maturare il cane premiandolo sempre quando affronta delle situazioni in maniera positiva per la relazione. In Pet Therapy ci si avvale di far crescere il cane tramite gli autocontrolli tipici della zooantropologia applicata.

La Pet Therapy è una Co-Terapia che vede affiancarsi figure professionali ben distinte: psicologo o psicoterapeuta, operatore del cane e il cane.

La domanda che sorge spontanea quindi è la seguente:

Come si forma un cane da Pet Therapy?

Come si prepara un cane da Pet Therapy?

Addestramento? Educazione? Su cosa si lavora? Sull’obbedienza o sugli autocontrolli? Quali sono gli strumenti da utilizzare? Collare o pettorina?

Innanzitutto il cane può tentare l’esame di certificazione solo dopo aver compiuto i due anni perchè si presuppone, che la sua maturità ed equilibrio siano ad un buon punto, che attraverso l’educazione e gli autocontrolli abbia imparato a comportarsi correttamente per intraprendere questo percorso. Ma è solo l’inizio del percorso: è nei progetti, lavorando nel setting che il cane impara davvero come comportarsi e come gestirsi i suoi spazi e i suoi momenti di recupero e che il coadiutore impara, a sua volta, a leggere il suo cane, ad assecondare e sue necessità e a venirgli in aiuto quando serve.

La mia esperienza mi dice infatti che il cane in primis impara “lavorando” nel setting, coi vari fruitori, con gli educatori, impara a relazionarsi, a inibire alcuni stimoli, a correggersi, ad entrare in sintonia con chi lo circonda. Il cane è davvero un essere speciale capace di approcci, relazioni, risultati incredibili!

Io coi miei cani utilizzo, come da “protocollo” la pettorina ad H in progetti di Pet Therapy. Il cane è più libero di muoversi, guardandolo poi fa un effetto migliore che non vedere il cane “costretto” da un collare e guinzaglio. Sinceramente io, quando lavoro nel sociale, in SICS, non escludo a priori il collare, anzi spesso li abbino purchè il collare e la pettorina a triangolo non sortiscano l’effetto “costrizione”. Sono ambienti però ricchissimi di stimoli, persone di tutte le età, cani di altri spesso non correttamente gestiti, rumori molto forti e nuovi. La gestione del cane è fondamentale in questi scenari, qiundi noi come squadra utilizziamo questi strumenti di lavoro in modo preventivo.

In ultimo vorrei aggiungere che la cosa davvero fondamentale, a parte gli strumenti, le varie filosofie e i pensieri contrastanti di come gestire o di come non gestire il cane in Pet Therapy e nel sociale, è il binomio e il rapporto stretto che li unisce. il rispetto e la comprensione reciproca. Questo è fondamentale!

 

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